Negli ultimi anni, secondo i dati INAIL, visto l’aumento di lavoratori stranieri in Italia, il tasso medio di incidenza infortunistica è nettamente superiore a quello dei colleghi italiani. 

Questo divario è legato innanzitutto al fatto che gli stranieri sono occupati in prevalenza in settori ad alto rischio come l’Edilizia, la Metallurgia e l’Agricoltura ma, in secondo luogo, è aggravato dalle difficoltà di comunicazione e comprensione sul posto di lavoro.  

La presenza del lavoratore straniero è un fattore, quindi, che influenza la valutazione dei rischi che il Datore di Lavoro deve effettuare per redigere il DVR relativo alla propria azienda. 

La normativa specifica che tale analisi dei rischi, finalizzata a individuare le procedure e le misure di prevenzione e protezione più efficaci, deve essere effettuata su tutti i rischi cui sono esposti i lavoratori, dividendoli in gruppi omogenei, prestando attenzione a quei gruppi che contengono soggetti con caratteristiche simili, che siano esse di natura fisica e biologica o sociale e culturale, come nel caso degli stranieri.  

L’analisi e la valutazione del rischio riferita ai lavoratori provenienti da un paese straniero deve tener anche conto delle eventuali differenze culturali derivate da caratteri geografico-nazionali, dalle difficoltà linguistiche, dalla percezione culturale che si ha del pericolo e dell’esposizione a esso, dal livello di comprensione e accettazione del rischio, nonché dagli elementi legati al culto o alle religioni. 

Quest’ultimo punto può sembrare fuori luogo, tuttavia, certe pratiche religiose e in determinati momenti, potrebbero riflettersi sulle prestazioni del lavoratore e sul suo livello di lucidità durante lo svolgimento delle sue mansioni. 

L’esempio classico è quello dei lavoratori islamici che durante il periodo di digiuno del ramadan sono più soggetti a pericoli soprattutto nello svolgimento di attività faticose. 

 

Un aspetto importante del processo di prevenzione degli infortuni e dellemalattie professionali spetta pertanto al Datore di Lavoro, che deve verificare che i propri lavoratori stranieri siano in grado di capire, comprendere e agire in modo corretto se interpellati in lingua italiana. In caso contrario esso è obbligato a formarli nella loro lingua madre, e ad assicurarsi che sul luogo di lavoro sia presente personale in grado di comunicare nella loro lingua di origine. 

La lingua di comprensione utilizzata durante la somministrazione della formazione è diventata un fattore rilevante che si riflette sul livello di sicurezza in azienda, oltre a questo, le differenze culturali legate al concetto di rischio, pericolo o salvaguardia personale costituiscono un elemento di valutazione imprescindibile. 

La formazione di questi lavoratori, in quanto categoria maggiormente esposta al rischio per via delle difficoltà linguistica che ostacolano la comunicazione e la comprensione delle regole e delle procedure di sicurezza, deve seguire delle dinamiche particolari. 

Il provvedimento obbligatorio è la somministrazione del test di comprensione di lingua italiana ai lavoratori stranieri, successivamente sulla base dei risultati si potrà strutturare il programma formativo tenendo conto delle esigenze specifiche. 

Gli accorgimenti più utilizzati sono: 

  • l’affiancamento a lavoratori provenienti da aree geografiche compatibili che possano fare da interprete; 
  • l’utilizzo di immagini ed esempi pratici per via dell’immediatezza e la comprensibilità; 
  • l’utilizzo di materiale didattico in una lingua comprensibile a tali lavoratori; 
  • la nomina di un responsabile che si occupi di valutare periodicamente il grado di comprensione e apprendimento;