La scarsa cultura e informazione sulla sicurezza e la frammentazione nel contesto lavorativo, sono le principali cause degli incidenti sul luogo di lavoro. L’argomento sarà spiegato in seguito all’analisi del ricercatore Stefano Palumbo, specializzato sui temi del lavoro e delle variazioni verificatesi nelle aziende nel corso degli anni.
Come risolvere il problema del lavoro irregolare o anche detto “a nero”
Secondo dei dati statistici, il lavoro “nero” è aumentato e le nuove generazioni hanno sempre più difficoltà nel trovare una occupazione nel mondo del lavoro, anche se i dati indicano che l’attività sommersa (lavoro nero) è in calo. Secondo il ricercatore, Stefano Palumbo vi sono due differenti spiegazioni a questa situazione:
- La prima conclusione consiste nel fatto che esista un sommerso sempre più “misero”, a cui si rivolgono tanti bisognosi per guadagnarsi lo stretto necessario per sopravvivere, senza però trarne benessere e in aggiunta danneggiando la comunità.
- La seconda è che probabilmente è aumentata l’osmosi fra il lavoro nero e quello regolare. Il ricercatore pensa che siano aumentati i lavoratori che fanno prima un lavoro in regolare, poi uno o due in nero e poi di nuovo uno regolare, magari nel frattempo arrotondano con qualche altro lavoretto non dichiarato. Le conseguenze di questa situazione paludosa è che la maggiorparte della forza lavoro viene risucchiata.
Quindi da quanto detto, si può dedurre che il lavoro sommerso coinvolga non solo gli imprenditori ma anche una fascia significativa dei lavoratori. Non va scartata l’ipotesi che sempre più persone non abbiano la possibilità di scegliere di far parte in un economia non regolare.
Una delle soluzioni a questo problema sarebbe quindi prosciugare l’economia in contanti, aumentare la deducibilità fiscale di alcune spese per la famiglia, controlli più duri e soprattutto promuovere delle politiche pubbliche.
Di chi è la colpa degli infortuni sul lavoro? Su quale leva puntare per invertire il fenomeno?
Anche se da un lato vi sono nuove tecnologie e miglioramenti dei modelli organizzativi che insieme rendono più sicuro il lavoro, dall’altro lato vi è il problema dell’aumento della frammentazione nel lavoro.
Infatti, il lavoro molto più diffuso, meno concentrato, sia dal punto di vista del suo luogo fisico, sia in chiave di rapporto di lavoro, rende innanzitutto molto più difficile controllare le condizioni di sicurezza e garantire che esse siano implementate. Inoltre questo fenomeno rende anche più difficile istruire e formare il lavoratore sui comportamenti che lo aiuterebbero ad evitare situazioni di pericolo.
Perchè le leggi in materia di sicurezza non vengono rispettate?
Il rispetto di queste norme avviene, secondo l’esperto, solo in parte. Nella vita quotidiana non vediamo ciò che avviene nelle fabbriche, ma possiamo osservare con facilità i cantieri, i lavori pubblici, le ristrutturazioni di edifici: in molti casi sono gli stessi lavoratori a trascurare le condizioni di sicurezza. Il fatto che poi molta di questa forza lavoro sia di origine straniera e l’abitudine di non avere rapporti con i vari rappresentanti del lavoro, soggetti preposti a garantire la sicurezza sul lavoro, peggiora sensibilmente la situazione.
I giovani sono il futuro per la digitalizzazione del lavoro?
Il fatto che oggi i giovani vengano considerati i “nativi digitali” non garantisce che sappiano utilizzare in maniera corretta e sopratutto sicura, le tecnologie digitali.
La soluzione a questo problema, anche qui, è quella di migliorare la qualità dell’educazione e della formazione specifica, che per prima dovrebbe partire dai genitori stessi della persona.
Le imprese italiane sono pronte alla sfida del digitale?
Il parere dell’esperto è che l’Italia solo è pronta solo in parte a questo sostanziale cambiamento. L’Italia imprenditoriale si è sempre contraddistinta per il suo essere innovativa nella creazione di un nuovo prodotto, ma è anche molto conservatrice sul terreno dell’innovazione organizzativa e del ricorso alle competenze manageriali.
Si aggiunge il fatto che la nostra nazione non ritiene opportuno investire nella formazione del personale addetto alla sicurezza, perchè considerata quasi come un “lusso” anziché una necessità.
Questo è un fattore decisivo per la nostra competitività nei mercati globali, ma anche per le possibilità professionali di chi è entrato o entrerà nei prossimi anni nel mercato del lavoro. Per questo motivo i giovani, poi partono per trovare occupazione all’estero.