Anche in Italia il consumo di pesce crudo è in aumento, soprattutto a causa della diffusione del sushi, specialità della cucina giapponese. L’assenza di cottura può essere rischiosa, per via della possibile presenza di patogeni e parassiti negli alimenti: l’anisakis è fra i più pericolosi.

COSA È L’ANISAKIS?

L’Anisakis è un piccolo verme, lungo uno o due centimetri, molto sottile, ed è un parassita intestinale di mammiferi marini come delfini o foche. Durante il suo ciclo vitale, sotto forma di larve, passa da molluschi, piccoli crostacei fino ai grandi pesci. Abbiamo tuttavia imparato a conoscerlo per via della sua capacità di infestare occasionalmente anche l’apparato digerente umano.

CHE COSA PROVOCA?

L’anisakiasi, o anisakidosi, non è altro che la condizione provocata dall’ingestione involontaria dell’anisakis, che per sintomi e caratteristiche è classificabile come parassitosi. Le forme e i livelli di gravità possono essere diversi, senza escludere la possibilità di infiammazioni, ulcere e reazioni allergiche serie.
Se si consuma pesce crudo o poco cotto, che non sia stato correttamente abbattuto o congelato, potenzialmente si possono ingerire anche le larve di anisakis. Quando le larve riescono a raggiungere il sistema digerente si attaccano alle pareti degli organi, utilizzando il loro particolare apparato boccale. Per alimentarsi e difendersi dai succhi gastrici dello stomaco, le larve perforano in profondità le pareti e le mucose, danneggiando l’area circostante al punto nel quale sono attaccate. Inoltre, riescono a staccarsi e attaccarsi varie volte, provocando numerose ferite. Talvolta possono persino oltrepassare le pareti intestinali, fino a diffondersi in altre parti dell’organismo, come il fegato, la milza, il pancreas e i vasi ematici.
Nel corpo umano l’anisakis permane in genere per non più di tre settimane, per poi essere eliminato dalle difese immunitarie. Tuttavia, anche dopo la loro scomparsa i sintomi e i danni creati all’esofago, allo stomaco, all’intestino e al colon permangono.

SINTOMI

Alcune persone, dopo o durante l’ingestione di pesce crudo o poco cotto, avvertono una sensazione di prurito in gola: si tratta del verme che si muove nella bocca o nella gola. In questi casi è possibile estrarlo manualmente oppure espellerlo tossendo e prevenire così l’infezione.
Altri, invece, avvertono anche lo stimolo a vomitare e riescono così ad eliminare il parassita dall’organismo prima che possa colonizzarlo.
L’infestazione può essere classificata in tre forme di malattia:

  • gastrica (95% dei casi),
  • intestinale,
  • ectopica (cioè che interessa regioni diverse da stomaco e intestino, molto rara).

Entro alcune ore dall’ingestione delle larve infette è possibile avvertire un forte dolore addominale, eventualmente accompagnato da nausea e vomito (in alcuni pazienti le larve vengono espulse proprio attraverso il vomito), mentre in caso di forma intestinale l’incubazione può durare diversi giorni.

Più in generale, tra i sintomi caratteristici dell’anisakidosi ricordiamo:

  • dolore addominale,
  • nausea e/o vomito,
  • distensione addominale,
  • diarrea,
  • sangue e muco nelle feci,
  • febbre lieve.

Nei casi più gravi il paziente soffre di forte mal di pancia, paragonabile a quello causato dell’appendicite acuta, accompagnato da una sensazione di nausea.
Quando il parassita raggiunge l’intestino causa una grave reazione immunitaria granulomatosa, da una a due settimane dopo l’infezione, con sintomi simili a quelli del morbo di Crohn.

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PREVENZIONE

La prevenzione è sicuramente lo strumento più efficace per evitare l’anisakiasi. È basilare, quindi, procedere sempre con la sensibilizzazione del consumatore e degli operatori di settore attraverso l’educazione sanitaria, l’eviscerazione dopo la pesca al fine di evitare la migrazione delle larve nel muscolo, il controllo visivo ed i trattamenti del prodotto ittico idonei a devitalizzare le larve quali:

Salagione:

Le larve di anisakidi sono sensibili a questa tipologia di trattamento solo se effettuato rispettando determinati parametri. È stato dimostrato che il tempo massimo di sopravvivenza delle larve presenti in filetti di alici posti in salagione (concentrazioni di 8-9% di sale), è di 6 settimane.

Marinatura:

Tecnica basata sull’utilizzo di soluzioni contenenti acqua, sale ed acidi organici quali aceto, vino e succo di limone. La marinatura, oltre ad avere un azione antibatterica, modifica l’aspetto e la consistenza dei prodotti ittici, conferendogli proprietà organolettiche caratteristiche. Le larve di Anisakis spp. sono molto resistenti ai tradizionali metodi di marinatura, che rappresentano in Italia ed in Spagna gli alimenti maggiormente implicati nei casi di Anisakidosi. Per cui si ritiene opportuno, al fine di abbattere il pericolo di Anisakiasi, affiancare le comuni tecniche di marinatura ad adeguate procedure di congelamento (-15 °C per 96h; -20 °C per 24h;-35 °C per 15h al cuore del prodotto), ritenute le tecnologie in grado di devitalizzare con certezza il parassita.

Congelamento:

La sopravvivenza delle larve appartenenti alla famiglia Anisakidae dipende dalla combinazione di tre parametri quali:

  1. la temperatura;
  2. il tempo necessario affinché questa venga raggiunta uniformemente in ogniparte del prodotto;
  3. il mantenimento di tale temperatura per un tempo adeguato, al fine di provocare la morte dei parassiti.

Il congelamento previsto dal Regolamento (CE) N. 853/2004 prevede il trattamento dei prodotti ittici ad una temperatura di -20 °C per 24 ore al cuore del prodotto; trattamenti analoghi, ma con rapporti tempo/temperatura differenti sono quelli a -15 °C per 96 ore e a -35 °C per 15 ore.

Incaso di congelamento effettuato a temperature e tempi anche solo lievemente differenti da quelli indicati, si rischia di non devitalizzare tutte le larve presenti.

Cottura:

Numerosi lavori hanno dimostrato che, sottoponendo il prodotto ittico a temperature superiori a 60 °C per almeno 1 minuto, viene garantita la devitalizzazione delle larve.
Anche per la cottura bisogna prendere in considerazione il rapporto tempo/temperatura al cuore del prodotto; un trancio di pesce di 3 cm di spessore, per esempio, deve essere cotto a 60 °C per 10 minuti al fine di assicurare la morte di tutte le larve.

Affumicatura:

Il trattamento di affumicatura, consiste all’esposizione dell’alimento al fumo prodotto dalla combustione di differenti tipi di legname in assenza di fiamma ed in atmosfera povera di ossigeno, può essere effettuato a caldo oppure a freddo. Il trattamento a caldo con temperature di circa 70/80 °C per 3/8 ore, è in grado di assicurare la devitalizzazione delle larve di Anisakis spp. l’affumicatura a freddo, invece, con temperature di circa 20/25 °C per tempi che vanno da molte ore ad alcuni giorni, risulta insufficiente a devitalizzare le larve. Pertanto come per la procedura di marinatura è consigliabile, nei casi di affumicatura a freddo, un preventivo trattamento di congelamento al fine di ottenere un prodotto sicuro per la salute umana.

Nelle nostre cucine domestiche per poter consumare con tranquillità del pesce possiamo ricorrere a due soluzioni alternative:

  • • la cottura del pesce, che porta alla morte del parassita attraverso l’impiego di temperature superiori ai 60 gradi nel cuore del prodotto;
  • • l’abbattimento della temperatura al cuore del prodotto che porta ad una devitalizzazione delle larve se il pesce rimane per:
    • 96 ore a -15°;
    • 60 ore a -20°;
    • 12 ore a -30°;
    • 9 ore a -40°.

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