All’interno del panorama dei rischi di tipo fisico, oggetto della valutazione dei rischi aziendali così come descritti nell’art 180 (Titolo VIII, Capo I) del D.Lgs 81/08, rientra anche il discorso legato al microclima.
Spesso, soprattutto in passato, le situazioni di disagio all’interno dei luoghi di lavoro legate alle condizioni microclimatiche (livelli di temperatura, umidità, correnti e sbalzi d’aria) sono state sottovalutate se non addirittura ignorate.
I disagi derivanti possono avere un impatto anche significativo sia sulla salute fisica che sul benessere psicologico dei lavoratori, con ricadute non trascurabili sull’economia aziendale.
In considerazione del progressivo innalzamento delle temperature medie tipico del periodo estivo, con la possibilità di “ondate di calore” che possono costituire un rischio lavorativo, in particolar modo per persone più vulnerabili, è consigliabile orientare la valutazione dei rischi anche per ciò che concerne le condizioni microclimatiche cui i lavoratori possono essere sottoposti.
Entrando nello specifico della normativa, l’Allegato IV al punto 1.9, definisce i requisiti minimi che i luoghi di lavoro devono possedere per poter risultare conformi e quindi garantire condizioni di benessere adeguate.
Alcuni aspetti da valutare sono:
- L’ aerazione dei luoghi di lavoro chiusi, che deve essere sempre garantita preferibilmente con finestre e, qualora non possibile, con impianti di aerazione periodicamente controllati;
- La corretta regolazione della temperatura, che deve essere adeguata in considerazione dei metodi di lavoro e degli sforzi fisici previsti.
- Il grado di umidità che deve essere sempre tenuto sotto controllo e mantenuto all’interno di livelli adeguati, compatibilmente con le esigenze tecniche del lavoro
L’applicabilità delle linee guida definite dalla normativa dipende, come facilmente intuibile, dalla natura del luogo di lavoro e dall’attività che lì si svolge; la regolazione delle condizioni in un ambiente di lavoro chiuso e destinato, per esempio, ad attività prevalentemente d’ufficio, risulta più semplice rispetto a situazioni lavorative che prevedono una attività fisica continua, in spazi magari ampi (ad esempio in grandi magazzini, capannoni o realtà industriali quali industria chimica estrattiva) o che espongano i lavoratori a condizioni climatiche esterne fortemente disagiate, si pensi per esempio a tutte le attività che devono essere svolte all’esterno a temperature basse in inverno o molto elevate in estate (attività in cantieri edili, attività in aziende agricole).
Una componente importante da considerare in fase di valutazione dei rischi da inadeguato microclima, è poi quella dell’affollamento del luogo di lavoro; per esempio ambienti in cui lavorano tante persone contemporaneamente (come call center o grandi open space aziendali) espongono a rischi diretti di natura microclimatica (adeguati ricambi d’aria) che a rischi indiretti di natura più soggettiva e psicologica (stress da affollamento, sensazione di mancanza d’aria, rischio biologico da trasmissione interpersonale, rischio da rumore).
A tal proposito, si ribadisce quindi l’obbligo della valutazione di tutti i rischi per la salute e la sicurezza, “incluso pertanto anche quello dovuto all’ esposizione a microclima, in relazione ai quali esiste quindi l’obbligo (sanzionabile) alla valutazione ed all’identificazione delle misure preventive e protettive per minimizzare il rischio.