L'INAIL si rivale sul Datore di Lavoro nel caso vi fossero responsabilità di natura penale

L’INAIL si rivale sul Datore di Lavoro in caso di responsabilità di natura penale

Il Decreto Legislativo 81 del 2008 e successive modificazioni ed integrazioni prevedono importanti responsabilità civili e penali a carico del datore di lavoro e dei preposti che non verificano la reale applicazione delle norme inerenti la sicurezza sul lavoro.

La Corte Suprema, il 4 febbraio del 2013, con la sentenza numero 2512 ha nuovamente precisato la responsabilità del datore di lavoro che come da norma attua le direttive per la sicurezza sul lavoro del decreto legislativo 81, dalla valutazione dei rischi alla formazione alla consegna dei DPI senza però controllarne l’effettivo uso ed il comportamento dei lavoratori.

In questo caso il datore di lavoro ed in parte anche i preposti si espongono a richieste di risarcimento da parte dell’infortunato e della famiglia dello stesso; richieste di importi notevoli che minano la solidità economica aziendale e personale.

I datori di lavoro sono convinti, sbagliando del tutto, che in questi casi si è garantiti economicamente dall’INAIL e/o dalla propria assicurazione ove sottoscritta.

Per quel che riguarda le assicurazioni private, quest’ultime non riconoscono in nessun caso risarcimenti se l’assicurato commette una o più violazioni di natura penale; nel caso dei mancati adempimenti del Decreto Legislativo 81 del 2008 siamo in questa casistica e quindi il risarcimento è ad intero carico del datore di lavoro.

Quali situazioni interessano l’INAIL?

Il primo comma dell’articolo 10 del DPR numero 1124 del 1965, Testo Unico per l’assicurazione obbligatoria contro infortuni e malattie professionali, afferma che “l’assicurazione esonera il datore di lavoro dalla responsabilità civile per gli infortuni sul lavoro” ma lo stesso articolo 10 precisa che “nonostante l’assicurazione, resta la responsabilità civile a carico di coloro che abbiano riportato condanna penale per il fatto dal quale l’infortunio è derivato”.

Dimostrata l’omissione del datore di lavoro o di un suo preposto nel seguire attivamente gli adempimenti della normativa sulla sicurezza, lo stesso datore deve risarcire il danno civile; in pratica quando l’INAIL risarcisce i danni subiti dal lavoratore, la stessa INAIL attua il regresso rivalendosi sul datore condannato penalmente, per essere ripagata di tutte le spese sostenute e risarcite al lavoratore.

Si ripete e sottolinea che ciò vale sia quando il datore di lavoro agisce in prima persona sia quando demanda a preposti di operare per suo conto; infatti sempre l’articolo 10 del T.U. precisa nel terzo comma, “permane, altresì, la responsabilità civile del datore di lavoro quando la sentenza penale stabilisca che l’infortunio sia avvenuto per fatto imputabile a coloro che egli ha incaricato della direzione o sorveglianza del lavoro, se del fatto di essi debba rispondere secondo il Codice civile”.

La Sezione Lavoro della Corte di Cassazione ha affrontato un altra eventualità e precisamente se la condanna del rappresentante legale di una società possa portare ad una azione di regresso dell’INAIL verso la società, anche nel caso in cui questa non sia stata interessata al procedimento penale.

La riposta della Corte Suprema sezione lavoro, sentenza numero 20724 del 10 settembre 2013, è chiaramente affermativa: “la speciale azione di regresso spettante all’INAIL come da articoli 10 e 11 DPR numero 1124 del 1965, esperibile non solo nei confronti del datore di lavoro ma anche verso i soggetti responsabili o corresponsabili dell’infortunio a causa della condotta da essi tenuta, non comporta che il preventivo accertamento giudiziale del fatto stesso debba necessariamente avvenire in sede penale, potendo essere effettuato anche in sede civile (salvo il riscontro dell’eventuale pregiudizialità penale)”