Con ordinanza n. 22094 del 13/07/2022 la Suprema Corte ha ritenuto giusta la causa del licenziamento comminato ai danni di una lavoratrice che si era rifiutata, per ben due volte, di sottoporsi a visita medica prima di riprendere servizio in conseguenza dell’assegnazione di nuove mansioni.
Alla sentenza in questione sottendono una serie di interrogativi, a cui spesso lavoratori e datori di lavoro non conoscono immediata risposta.
Facciamo, allora chiarezza su alcuni punti.
E’ legittima la richiesta di sottoposizione del lavoratore a visita medica in occasione di un cambio di mansioni? In punto di diritto, deve rilevarsi che la visita medica di idoneità, in ipotesi di cambio delle mansioni, è prescritta per legge e la richiesta di sottoposizione a visita da parte del datore di lavoro, prima della assegnazione alle nuove mansioni, non solo è fortemente consigliabile per valutare l’effettiva idoneità del lavoratore alle nuove lavorazioni che lo occuperanno, ma è, anche e soprattutto, un adempimento obbligatorio ai sensi dell’art. 41, comma 2, lett. d), del D.Lgs. 81/08 e s.m.i.
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Può il lavoratore legittimamente rifiutarsi di sostenere la visita medica? Salvo che non si tratti di impedimenti che possano oggettivamente fondare un rifiuto, quali ad esempio le pessime condizioni igienico-sanitarie in cui la stessa visita medica viene svolta, la risposta è no, non può farlo. Il lavoratore ha l’obbligo di sottoporsi preventivamente e periodicamente alla visita medica per valutare l’idoneità alla mansione specifica. Il rischio per il lavoratore che non soggiace a quest’obbligo è appunto quello di essere passibili di sanzioni, tra i quali indubbiamente vi può essere il licenziamento.
Il licenziamento del dipendente può considerarsi eccessiva come sanzione in caso di rifiuto a sottoposizione a visita? La Suprema Corte, nel citato arresto giurisprudenziale, ricorda che se il rifiuto si configura come illegittimo, il comportamento omissivo del dipendente può essere punito anche con sanzioni penali, mentre, in linea generale, lo scopo della condotta del datore di lavoro è sempre finalizzata alla prevenzione rispetto alla sicurezza e salubrità nei luoghi di lavoro, cui il D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 41 è improntato, salvo prova contraria.
Nel caso affrontato, per la Cassazione, dunque, non vi è stata alcuna sproporzione della sanzione inflitta (licenziamento) rispetto alla condotta della lavoratrice contestata (omissione) e il ricorso proposto da quest’ultima è stato così rigettato.
Il licenziamento è stato considerato quindi legittimo.
Avv. Pasquale Fallacara
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