L’origine della falsa credenza di dover mangiare le patate appena cotte, probabilmente è dovuta al fatto che a volte, dopo la cottura, le patate possono scurirsi.

Il loro eventuale colore più scuro non ne cambia però sapore né valore nutrizionale.

Questo fenomeno non avviene sempre ed è indipendente dal tipo di cottura: siano esse bollite, fritte o arrosto.

 Si tratta solo di una semplice reazione chimica di ossidazione: il ferro contenuto nelle patate reagisce con l’acido clorogenico, una sostanza fenolica che difende le patate da microrganismi dannosi, con proprietà antiossidanti e di regolazione metabolica, ed è contenuta nel caffè verde, in vari tipi di frutta, nelle melanzane e nei pomodori.  

In presenza di ossigeno, il complesso ferro-acido clorogenico si ossida, dando alle patate la colorazione scura, forse sgradevole all’occhio del consumatore, ma assolutamente non pericolosa.

A causa di tutte queste variabili, non è sempre detto che le patate si anneriscano, specialmente se ben conservate dopo la cottura.

 Più che alla porzione scura che si presenta a seguito della reazione di ossidazione, è ben più importante fare attenzione a dei fattori così detti “antinutrizionali”, come i glicoalcaloidi, che possono essere presenti in tutti i vegetali in quanto vengono prodotti dalla pianta stessa come meccanismo di protezione e difesa e che possono essere tossici per la salute umana, specie se ingeriti in quantità eccessive. 

 Nella patata, i glicoalcaloidi sono rappresentati da α-caconina e α-solanina.

Nei tuberi, cioè nelle patate che mangiamo, si concentrano soprattutto nella buccia, in particolare, nei tuberi esposti al sole e in quelli vecchi, rugosi, con molti germogli e quelli con una colorazione verdastra.

Le tecniche di cottura comuni, quali bollitura o microonde non sembrano apportare modifiche consistenti nella concentrazione di glicoalcaloidi, mentre la frittura, grazie alla elevata temperatura che si raggiunge durante la cottura, riesce a diminuirne in parte la concentrazione.

 L’unico modo sicuro per diminuire la quantità di queste sostanze tossiche è la rimozione della buccia dal tubero, sia sul prodotto crudo che dopo la cottura.

Ad ogni modo, nelle varietà commerciali il contenuto di glicoalcaloidi riscontrato è inferiore a 100 mg/kg o comunque inferiore a 200 mg/kg di polpa fresca, limite cautelativo fissato dalla commissione di esperti Fao/Who.

Possiamo stare tranquilli nel consumare le patate, anche quelle avanzate, purché conservate in modo adeguato. 

Quando sono ancora crude, vanno tenute al buio e in luogo asciutto, e devono essere consumate prima che germoglino, una volta cotte, devono essere conservate in frigorifero stando attenti a non fare trascorrere troppi giorni prima di consumarle per evitare la crescita di microrganismi o batteri.

Per essere totalmente sicuri ed evitare rischi di tossicità, meglio togliere la buccia!