Sappiamo che per la protezione antincendio (complesso di misure finalizzate alla riduzione della gravità dei danni provocati dall’evento incendio) si possono avere misure di protezione attiva (attrezzature ed impianti di estinzione degli incendi, sistemi di rivelazione e allarme incendio, evacuatori di fumo e di calore, segnaletica e illuminazione di sicurezza, …) e misure di protezione passiva (reazione al fuoco dei materiali, resistenza al fuoco, compartimentazione, distanze di sicurezza, vie di esodo, …) che, differentemente da quelle “attive” non richiedono l’azione di un uomo o l’azionamento di un impianto.
Il bilanciamento tra misure di protezione passive e attive
Le strategie di sicurezza antincendi, si concretizzano “bilanciando opportunamente misure di protezione passiva e misure di protezione attiva”.
E se la normativa tecnica di sicurezza antincendi ha “storicamente prediletto le misure di protezione passiva rispetto a quelle di protezione attiva”, il cosiddetto ‘Decreto Impianti’ – DM 20 dicembre 2012 “Regola tecnica di prevenzione incendi per gli impianti di protezione attiva contro l’incendio installati nelle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi” – rappresenta una “regola tecnica orizzontale nella quale sono trattate, specificatamente, le misure di protezione attiva”. In particolare sono individuate “le prestazioni e le caratteristiche che debbono avere questi impianti quando sono impiegati per garantire la sicurezza antincendio delle attività soggette alle visite ed ai controlli” dei Vigili del Fuoco (VV.F.).
Gli impianti considerati nel decreto “rappresentano, sostanzialmente, accorgimenti intesi a ridurre le conseguenze degli incendi a mezzo di rivelazione, segnalazione allarme, controllo o estinzione evacuazione di fumo e calore”.
Le metodologie legate alle misure di prevenzione si rivolgono a tutti i fattori che influenzano le cause di incendio, mentre le misure di protezione mirano a contenere, entro limiti accettabili, i danni alla persone ed ai beni coinvolti in un incendio che tende a svilupparsi pienamente nell’ambiente considerato.
l Decreto Impianti e gli impianti di protezione attiva
Il Decreto Impianti disciplina tutte le fasi necessarie alla corretta individuazione degli impianti di protezione attiva, la successiva installazione sino a stabilire procedure di manutenzione con l’intento di mantenere l’efficacia nel tempo della protezione offerta dagli stessi.
Tale decreto esplicita, pertanto, “i requisiti necessari alla corretta progettazione, costruzione ed esercizio e manutenzione degli impianti di protezione attiva contro l’incendio installati nelle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi”.
Ad esempio il decreto sancisce in quali condizioni “è necessario installare impianti di protezione attiva contro l’incendio, ravvisando l’installazione di tali sistemi nelle tre circostanze di seguito elencate:
- disposizioni legislative specifiche di prevenzione incendi (regole tecniche);
- valutazione del rischio relativo all’incendio;
- indicazione specifica del C.N.VV.F. nell’ambito dei procedimenti di prevenzione incendi (d.p.r. 1 agosto 2011 n. 151)”.
La novità nella definizione della regola dell’arte
La previsione del Decreto Impianti del 20 dicembre 2012, in linea con quanto affermato dalla legislazione nazionale in relazione agli impianti tecnologici a servizio delle attività, “introduce, però, un elemento di novità nella definizione della regola dell’arte. Nell’allegato tecnico, punto 1.2, si stabilisce che la regola dell’arte rappresenta lo ‘stadio dello sviluppo raggiunto in un determinato momento storico delle capacità tecniche relative a prodotti, processi o servizi, basato su comprovati risultati scientifici, tecnologici o sperimentali’.
Dunque una delle maggiori novità del Decreto Impianti consiste nella “presunzione che la regola dell’arte venga riconosciuta oltre che alle norme emanate da Enti di normazione nazionale ed europea, anche alla normativa tecnica divulgata da organismi internazionali”.
E questa precisazione, “consente, nelle attività soggette, di poter progettare, installare e manutenere un impianto di protezione attiva seguendo norme diffuse dalle NFPA, piuttosto che della FPA australiana, o da altro organismo internazionale accreditato. L’unico vincolo sancito dal Decreto Impianti all’art. 3 è quello relativo alla commercializzazione dei prodotti in Unione Europea, imponendo che i prodotti dei sistemi di protezione attiva debbono rispondere ed essere conformi alle disposizioni comunitarie applicabili, oppure possono essere utilizzati prodotti legalmente fabbricati o commercializzati in uno degli Stati membri dell’Unione europea, in Turchia o in uno degli Stati firmatari dell’Associazione Europea di libero scambio (EFTA) e degli stati che fanno parte dell’accordo sullo spazio economico europeo (SEE)”.
Rimandando alla lettura del documento, che riporta alcuni esempi riguardo a quanto contenuto in alcune regole tecniche, si indica che il Decreto Impianti, all’art. 6, “va a stralciare tutte le disposizioni di tipo prescrittivo sulle prestazioni e caratteristiche degli impianti di protezione attiva, rimandando per la loro progettazione alla regola dell’arte. Nell’allegato tecnico si specifica, inoltre, come individuare le prestazioni degli impianti idrici in attività soggette ed in possesso di una regola tecnica e quelle invece che non sono dotate di una regola tecnica di prevenzione incendi”. E la progettazione degli impianti idrici “viene totalmente demandata alla norma UNI 10779, e, non avendo indicato la data della norma tecnica, il progettista dovrà far riferimento alla edizione vigente all’atto della predisposizione del progetto”.
La pubblicazione segnala poi che per le attività che hanno una regola tecnica, “al fine di superare tutti gli aspetti prescrittivi sia di dimensionamento che di soluzione progettuale ormai superati dallo stato di avanzamento della regola dell’arte, l’allegato tecnico offre una tabella ove è possibile individuare le prestazioni caratteristiche di una rete idranti in funzione della complessità dell’attività da proteggere”.
Si segnala, infine, che nel caso di attività non regolamentate da specifiche regole di prevenzione incendi, “la necessità di prevedere una rete idranti e le relative prestazioni, vengono stabilite dal progettista sulla base della valutazione del rischio di incendio o integrate in fase di valutazione della conformità del progetto antincendio dal Comando VV.F. competente per territorio”.
In conclusione il documento si sofferma anche sulle responsabilità, attribuite dal decreto, dei titolari di attività e dei progettisti e sulla documentazione minima richiesta nelle procedure di prevenzione incendi.
Fonte: puntosicuro.it