Nel ricorrere contro il provvedimento di sospensione, il docente, impugnando il provvedimento, chiedeva al Tribunale di Milano la corresponsione in suo favore di tutti gli stipendi maturati dalla sospensione e la previsione dell’obbligo, in capo alla scuola convenuta, di una “diagnostica con tamponi” verso ciascun lavoratore, al momento dell’ingresso, assumendosene il costo, in quanto strumento più idoneo e sicuro rispetto al vaccino a contrastare la diffusione del virus Sars Cov-2. Il docente ha, anche, formulato richiesta di risarcimento del danno non patrimoniale per ingiusta discriminazione attuata nei suoi confronti.

Tuttavia, per il Tribunale di Milano, le argomentazioni per le quali la ricorrente ritiene illegittimo il provvedimento di sospensione sono infondate. Nella sentenza del 17 maggio 2022, il Tribunale di Milano cita la già adottata linea del T.A.R. Lazio (Provv. n. 7394 del 2021): “La sospensione tout court dal servizio dei docenti non vaccinati risulta essere una misura corretta in quanto prevista in ragione della tipicità della prestazione lavorativa degli stessi. La disciplina introdotta è razionalmente finalizzata ad assicurare il corretto svolgimento dell’attività scolastica in presenza in condizioni tali da ridurre il più possibile il concretizzarsi di situazioni di pericolo per la salute pubblica in quanto in grado di incentivare l’estendersi della pandemia; l’obbligo vaccinale risulta correttamente e scientificamente giustificato alla luce dell’autorevolezza degli studi e delle ricerche effettuati dagli Enti statali istituzionalmente competenti in materia di sicurezza sanitaria”. Non solo, si ribadisce anche che la prospettata lesione di un diritto come quello a non essere sottoposto a vaccino non può avere valenza assoluta né essere intangibile, atteso il necessario contemperamento razionale che quel diritto deve avere con gli altri fondamentali di pari rango, come quello attinente alla salute pubblica, al circoscrivere l’estendersi della pandemia e al garantire il servizio pubblico dell’istruzione, il più possibile in presenza.

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Le predette conclusioni cui giunge il Tribunale milanese assumono ancor più forza se si verifica che, oltre alla carenza di contrasto con la giurisprudenza costituzionale, già espressasi nel medesimo senso dell’Autorità milanese (cfr. Corte Costituzionale n. 005/2018 nonché sentenze C. Cost. n. 268 del 2017 e n. 258 del 1994 e n. 307 del 1990), vi è anche una normativa Comunitaria che viaggia sul medesimo tracciato.

Sul punto, infatti, si ricorda che la recente direttiva della Commissione Europea del 3.06.2020 n. 739/2020, recepita in Italia dall’art. 4 D.L. n. 125 del 2020, convertito in L. n. 159 del 2020, ha espressamente incluso il Sars-CoV-2 tra gli agenti biologici da cui è obbligatoria la protezione anche nell’ambiente lavorativo, in linea con quanto già previsto dal disposto generale di cui all’art. 2087 ex. e dal TU in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, D.Lgs. n. 81 del 2008.

Alla luce di quanto detto, quindi, per i giudici meneghini, risulta evidente che il docente non vaccinato, qualora fosse stato riammesso, avrebbe reso l’ambito lavorativo certamente non sicuro e che anche la sospensione dalla percezione della retribuzione non può essere impugnata perché pacificamente prevista dalla legge. Peraltro, la mancata adibizione del personale scolastico ad altre e diverse mansioni è correttamente e razionalmente giustificabile alla luce della tipicità delle mansioni del personale scolastico, ed in particolare di quello docente.

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